Ultime Notizie

Tutto lo sport, lo sport prima di tutto!-

martedì 16 agosto 2016

Prima come atleta, poi (soprattutto) come dirigente ha fatto la storia del suo paese. Il Brasile piange Jean-Marie Faustin Goedefroid de Havelange, più noto come Joao Havelange, morto ieri a 100 anni a Rio, città in cui era nato e che gli ha dedicato lo stadio Olimpico dove in queste ore si stanno disputando le gare di atletica dei Giochi.
Havelange partecipò a due Olimpiadi, prima come nuotatore poi come giocatore di pallanuoto, vincendo una medaglia. Ma viene ricordato soprattutto per essere stato il re della Fifa per 24 anni, prima di abdicare lasciando il posto a Joseph Blatter. A lui va il merito di aver portato a 32 il numero di squadre partecipanti ai Mondiali di calcio.
Nato l'8 maggio del 1916, figlio di un commerciante belga che aveva fatto fortuna in Brasile, prese parte come nuotatore alle Olimpiadi del 1936 e come giocatore di pallanuoto a quelli del 1952. La carriera di dirigente sportivo cominciò a fine anni 50 quando diventò membro del Cio. Nello stesso periodo e fino al 1975 fu presidente della Federcalcio brasiliana. Da presidente vinse due mondiali, quello del 1958 e quello del 1962.
Fu eletto alla presidenza della Fifa l'11 giugno del 1974, battendo al ballottaggio il presidente uscente Stanley Rous per 68 voti a 52. Nei 24 anni trascorsi alla presidenza della Fifa riformò i Campionati mondiali di calcio aumentando il numero delle squadre partecipanti: in pochi anni, sotto la gestione di Havelange, il Mondiale passò dalle classiche 16 squadre a 24 nel 1982 in Spagna e addirittura a 32 nel 1998 in Francia. Sin dall'inizio degli anni Ottanta sono emerse voci circa un suo possibile coinvolgimento in vari episodi di corruzione. È stato presidente onorario della Fifa dal 1998 al 18 aprile 2013, quando si è dimesso in seguito ad un altro caso di corruzione per la vendita dei diritti in esclusiva sui Mondiali.

Libania Grenot termina all'ottavo posto, in 51.25, la finale olimpica dei 400 metri. L'oro olimpico va alla bahamense Shaunae Miller (49.44), che si tuffa sul traguardo e beffa la statunitesne Allyson Felix (49.51). Il keniano David Rudisha si conferma sul gradino più alto del podio negli 800 metri (1:42.15), mentre nel'asta arriva la sorpresa più clamorosa: a vincere é il 23enne brasiliano Thiago Braz Da Silva, che supera i 6,03 e sfila la medaglia più importante al francese Renaud Lavillenie, il campione di Londra e primatisa del mondo (qui capace di 5,98).  

A Rio de Janeiro Elia Viviani ha conquistato la medaglia d’oro nell’omnium e si è così laureato campione olimpico. Il ciclista azzurro ha chiuso con 207 punti, al termine delle sei prove, davanti al britannico Cavendish (194) e al danese Hansen (192). Viviani, che al termine delle prime tre prove disputate ieri occupava la seconda posizione con 104 punti (scratch 28; inseguimento 36; eliminazione 40), questa mattina era passato al comando della classifica generale con 140 punti, grazie al 3° posto nel km a cronometro (1:02:338). E’ la ventitreesima medaglia per l’Italia nella XXXI edizione dei Giochi Olimpici Estivi, la seconda per il ciclismo, dopo il bronzo nella prova su strada conquistato da Elisa Longo Borghini.

mercoledì 10 agosto 2016


Era la più attesa della giornata e invece Federica Pellegrini  non riesce a riscattare il flop di Londra e spiega la sua finale dei 200 stile libero, chiusa con un deludente 4° posto: "In acqua sensazioni così strane che perdere la medaglia è l'ultimo pensiero. Ho dato tutto, non è andata"
Doveva essere l'Olimpiade con cui riscattare il flop di Londra e chiudere sul podio una carriera a cinque cerchi durata dodici anni. E' amara invece l'acqua della piscina di Rio per Federica Pellegrini che nella sua gara, i 200 stile libero, non fa meglio del quarto posto: i riflettori alla fine sono tutti per l'americana Katie Ledecky, oro 1'53"73, davanti alla svedese Sarah Sjostrom, argento in 1'54"08. Il bronzo, a cui mirava l'azzurra, se lo va a prendere l'australiana Emma McKeon (1'54"92). Per la Pellegrini il quarto crono di 1' 55"18 che lascia solo tanta delusione.

Ma la campionessa che dodici anni fa ad Atene vinceva a soli sedici anni l'argento olimpico, la stessa che quattro anni dopo a Pechino conquistava l'oro con record del mondo, in gara non c'è mai stata: staccata dal treno delle prime, ai 100 era addirittura ottava, risalita al quinto posto ai 150 metri non ha avuto le gambe per l'attacco finale. "Mi sembra di essere in un piccolo incubo. In acqua ho avuto sensazioni talmente tanto strane che non aver preso la medaglia è onestamente il mio ultimo pensiero dice appena uscita dall'acqua -. Negli ultimi 50 metri sono 'morta': non ne avevo più".

E' provata e anche incredula, perché la stagione aveva dato ben altre indicazioni: ai Giochi brasiliani la Pellegrini è arrivata dopo aver nuotato con tempi da big. A Rio, dopo il sesto posto nella staffetta veloce, si era rituffata per le batterie dei 200 sl, la sua gara, e aveva centrato la finale con il terzo tempo. E il podio sembrava già scritto, con l'americana-fenomeno (già al secondo oro dopo quello nei 400 in cui ha stabilito un record spaventoso) oro e la svedese a seguire. Il gradino piu' basso era alla portata dell'azzurra.

"Ho dato tutto quello che avevo, purtroppo non è andata. Mi dispiace perché il bronzo era a due decimi" ammette provando a nascondere l'amarezza. Ma poi si arrabbia quando le viene chiesto se ha sbagliato la gara di testa. "Ho 28 anni, se ancora si dice che subisco la gara di testa mollo cazzotti a tutti...". La medaglia, anche se del materiale meno prezioso avrebbe chiuso il cerchio. Non è così, sul podio la festa è per le altre.

domenica 7 agosto 2016



sabato 6 agosto 2016

Vincenzo Nibali cade e così svanisce il sogno dell'oro olimpico e dell’Italia del ciclismo che si spezza sulla discesa di Vista Chinesa. Uno dei terreni preferiti dello Squalo di Messina, ma stavolta fatale al campione siciliano. Che aveva attaccato più di tutti, e a un certo punto staccato quasi tutti. Ma è caduto sul più bello, mentre correva verso un podio quasi assicurato, e un possibile oro da giocarsi con Henao eMajka. Il colombiano è andato giù insieme a lui, il polacco no. Ma era troppo stanco per resistere alla rimonta di Greg Van Avermaet. È lui il campione olimpico nella prova in linea maschile di ciclismo ai Giochi di Rio 2016: belga fortissimo, tra i primi ad andare in fuga (il che aggiunge valore al suo successo); ma uomo da classiche del nord più che da tapponi alpini, a dimostrazione che il percorso non era poi così duro come sembrava. All’arrivo anche il danese Jakob Fuglsang ha bruciato lo stremato Majka, comunque di bronzo. All’Italia resta solo il sesto posto di Fabio Aru. E una marea di rimpianti per una medaglia che la nazionale avrebbe strameritato per quanto fatto vedere in tutti i 240 chilometri sulle strade brasiliane.